Intolleranze alimentari e allergie
Attualmente viviamo in un mondo in cui la maggior parte delle persone, nonostante i numerosi e crescenti canali di comunicazione, è sempre più confusa e disinformata.
Questo perché da un lato c’è troppa disinvoltura nella divulgazione di argomenti spesso ostici e specialistici, e dall’altro eccessiva leggerezza nell’attribuire autorevolezza, complice anche la facile reperibilità, a informazioni che spesso non provengono da fonti accreditate né sono frutto di studi scientifici, ma scaturiscono da un approccio dogmatico che porta a schierarsi da una parte o dall’altra anziché informare.
Il campo delle intolleranze alimentari e allergie probabilmente è quello che necessita di maggiore chiarezza, soprattutto alla luce della crescente incidenza delle reazioni avverse agli alimenti, che oggi colpiscono gran parte della popolazione.
Il motivo di tali reazioni avverse non è solo da individuare nel cibo e nella sua qualità, sebbene esistano oggi sul mercato alimenti con caratteristiche nutrizionali largamente inadeguate: è infatti altrettanto vero che mai come ora, grazie al miglioramento delle tecnologie produttive e di controllo, sono disponibili alimenti di qualità largamente superiore a quelli di qualunque altra epoca.
Le cause scatenanti di tali reazioni sono da ricercare anche in fattori estrinseci al cibo, come ad esempio l’aria che respiriamo, lo stress quotidiano, la cattiva masticazione, le alterazioni a carico dell’intestino e del microbiota intestinale.
Differenze fra allergie e intolleranze alimentari: diagnosi e sintomi
Nonostante la crescente diffusione, c’è ancora molta confusione fra il concetto di ‘allergia’ e quello di ‘intolleranza alimentare’: in realtà si tratta di due disturbi nettamente distinti sia per quanto riguarda la sintomatologia sia per quanto riguarda la relativa diagnostica; vediamole nel dettaglio.
Allergie e intolleranze alimentari fanno parte di un vasto gruppo di disturbi definiti come ‘reazioni avverse al cibo’, i cui sintomi sono scatenati dall’ingestione di uno o più alimenti.
È possibile distinguere tra due tipi di reazioni avverse al cibo: tossiche o non tossiche. Mentre le prime sono legate soprattutto a intossicazioni alimentari o alla presenza di microorganismi patogeni che si sviluppano a seguito di una errata produzione o conservazione, le ultime dipendono dalla suscettibilità dell’individuo, e si suddividono in allergie e intolleranze alimentari, in cui il carattere diagnostico distintivo è rappresentato dalla ricerca di reazioni immunomediate, cioè modulate dal nostro sistema immunitario, la cui funzionalità è strettamente legata alla regolarità dei batteri intestinali.
Una adeguata funzionalità della parete intestinale è fondamentale nell’assorbimento del cibo e nella regolazione del sistema immunitario, per questo una delle cause alla base delle intolleranze alimentari consiste nell’alterato assorbimento e nella sensibilizzazione al cibo.
La principale differenza tra allergie e intolleranze alimentari sta nel fatto che nelle prime si ha un’ipersensibilità di tipo I, mediata dalle IgE e da componenti cellulari primari quali mastcellule (per le quali le IgE hanno elevata affinità) o basofili in risposta a determinati allergeni.
Si tratta di reazioni immediate, sistemiche e intense, potenzialmente mortali, quando alla seconda esposizione all’allergene per cui si è sensibilizzati, si ha il legame dell’antigene con gli anticorpi IgE presenti sulle mastcellule e sui basofili sensibilizzati e si verifica la reazione, a seguito del rilascio di sostanze farmacologicamente attive e del rilascio di mediatori primari come istamina, o secondari come le prostaglandine e i mediatori dell’infiammazione.
Per questo, a seguito di una allergia, che può verificarsi anche solamente con il contatto dell’antigene verso cui si è sensibilizzati, compaiono sintomi spesso eclatanti come rossore, edema, secrezione di muco e in alcuni casi broncocostrizione e laringospasmo.
Le allergie alimentari non colpiscono una gran fetta della popolazione, e nonostante le stime siano spesso discordanti, sono altrettanto concordi sulla loro bassa incidenza; al contrario, le reazioni ‘non IgE mediate’, chiamate anche ‘intolleranze alimentari’, sono molto diffuse: sebbene oggi si stimi che gran parte delle persone che pensano di avere delle intolleranze alimentari abbiano in realtà solamente delle alterazioni intestinali quali la disbiosi intestinale (la cui diagnosi sarebbe facilmente effettuata con un test specifico), si stima che il 20% della popolazione ne sia affetta.
La difficoltà di diagnosi è legata al fatto che i sintomi possono comparire dopo un certo periodo di tempo dal consumo dell’alimento responsabile, non come avviene per le allergie, in cui la reazione si verifica nel breve periodo.
Anche la sintomatologia è completamente diversa, in quanto le intolleranze alimentari possono esordire con i sintomi di colon irritabile, cefalea o emicrania, stanchezza, orticaria.
Si tratta quasi sempre di sintomi dose-dipendenti, di entità meno grave e insorgenza meno acuta rispetto alle allergie: sintomi che nel tempo compaiono ogni volta che si ingerisce l’alimento verso cui si ha reazione.
I test per le intolleranze alimentari
Attualmente sono molti i test utilizzati nella diagnosi delle intolleranze alimentari, ed è necessario distinguere queste reazioni avverse al cibo da quelle che sono le intolleranze enzimatiche, conseguenza di difetti congeniti che impediscono di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo, come avviene ad esempio per la lattasi nell’intolleranza al lattosio (diagnosticabile con il Breath test), o per le reazioni legate alla celiachia (intolleranza permanente al glutine), la cui diagnosi viene effettuata in maniera predittiva con la ricerca nel sangue di anticorpi anti gliadina, anti endomisio e anti transglutaminasi, ma la cui diagnosi definitiva deve necessariamente avvenire attraverso una biopsia intestinale, che permette di valutare le tipiche alterazioni della malattia a livello della membrana intestinale.
Quando si parla di intolleranze alimentari, oggi ci si riferisce però a quelle dette anche ‘non IgE mediate’, con molte discussioni sull’affidabilità dei test per diagnosticarle.
Ad oggi, mancano dati scientifici che validino test finora molto conosciuti quali il Cytotest o il Vegatest, il Dria o altri sistemi che commercialmente hanno spopolato nel corso di questi anni.
La ricerca scientifica e gli studi prodotti nel campo hanno evidenziato invece una buona attendibilità per la ricerca delle immunoglobuline IgG nei confronti degli alimenti, con risultati clinicamente significativi, tenendo conto anche che le IgG hanno un’elevata emivita e rappresentano circa il 75% del pool delle immunoglobuline del siero totale.
Il dosaggio di questi anticorpi viene effettuato attraverso un prelievo di sangue venoso o capillare e il risultato ottenuto con la metodica standardizzata ELISA offre inoltre un alto grado di ripetibilità (> 90%), valutando fino a 184 alimenti, e permettendo di costruire una successiva prescrizione nutrizionale ad esclusione per il totale ripristino della tolleranza.
Infatti, mentre le allergie non vanno incontro ad un processo di guarigione, per le intolleranze alimentari è possibile tornare ad una remissione dei sintomi e delle alterazioni, grazie ad un percorso nutrizionale personalizzato.
Alcuni ricercatori stanno anche valutando una associazione tra i test di ricerca delle IgG con l’idrocolonterapia, che viene proposta come trattamento complementare, integrativo e naturale per sottrarre gli apteni, gli allergeni o le sostanze tossiche, responsabili del danno leucocitario, in quanto favorisce la detossinazione, insieme alla rimozione di scorie dal lume intestinale, infatti è stato dimostrato che anticorpi IgG aumentano la permeabilità della parete dell’intestino tenue e portare ad allergia alimentare.